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Come riconoscere al meglio un buon calice di vino. I profumi.

Eccoci qui al secondo post “pratico” dedicato al vino e a come riconoscerlo al meglio nel calice.

Seguendo quelle che sono le tre fasi più comuni della degustazione del vino ho cominciato con il descrivere i vari elementi dell’aspetto visivo e del colore (post che trovi QUI).

Vi ho parlato di limpidezza, di consistenza e delle varie sfumature di colore. Abbiamo visto come si creano i famosi “archetti” del vino e come riconoscere un buon vino spumante dalle bollicine.

Adesso invece vediamo di capire quali profumi possiamo sentire nel nostro calice di vino e come possiamo riconoscerli e descriverli al meglio.

Siete pronti quindi ad allenare il vostro olfatto? A far roteare in alto i calici? Bene, cominciamo!

Senza dubbio la fase descrittiva dei profumi del vino è quella più complessa, ma a pensarci bene anche quella più affascinante.

L’idea di poter sentire profumi di fiori, di frutti, di spezie e di tostature in un calice di vino mi ha sempre affascinato. Profumi minerali, erbacei, di erbe aromatiche o addirittura eterei: tutto in un calice di vino… Fantastico!

I veri intenditori non bevono vini.
Degustano segreti.
Salvador Dalì

E come dare torto al maestro Dalì. Ogni calice di vino porta con se una serie di sentori che ogni degustatore, esperto o meno, cerca di cogliere, di scoprire, di svelare.

Ma tutti questi profumi del vino da dove arrivano?

Qui è necessaria una premessa. In natura sono state individuate oltre 250.000 molecole in grado di dare altrettanto note odorose. Oltre 200 di queste molecole, chiamate anche “sostanze volatili”, sono responsabili del profumo del vino.

Alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, eteri, terpeni… Eh, forse è meglio fermarsi qui!

Tutti nomi che sicuramente non riescono a trasmettere nulla del potere seduttivo del vino. Eppure sono loro i responsabili dei profumi del vino.

Ognuna di queste sostanze ha una propria struttura e rende nel calice un determinato odore.

E la cosa bella di queste sostanze sapete qual’è? Che ognuna di esse ricorda profumi di fiori, di frutti, di erbe aromatiche, di spezie e altri ancora.

Ecco quindi svelato il trucco: ogni sostanza odorifera dal nome quasi impronunciabile diventa un piacevole profumo floreale, piuttosto che fruttato o speziato.

Questo vino ha un sentore di aldeide anisica
oppure
Questo vino esprime un profumo floreale con sentore di biancospino

Praticamente equivale a dire la stessa cosa. Ma voi quale fra le due frasi preferite?

Bene! Abbiamo capito che è tutta una questione di sostanze volatili.

Ma da dove arrivano queste sostanze volativi che profumano il vino?

Alcune di queste sostanze sono già presenti nelle uve, altre si formano durante la fermentazione, altre ancora derivano da molteplici combinazioni che avvengono durante l’evoluzione del vino.

Ecco allora che nasce la distinzione tra profumi primari, secondari e terziari.

I profumi primari del vino

I profumi primari, detti anche varietali, sono quelli che derivano direttamente dal vitigno. In questo caso le sostanze odorose sono presenti principalmente nella buccia dell’acino.
In enologia si distinguono vitigni aromatici, semi aromatici e neutri.

I vitigni aromatici, come le malvasie o i moscati, danno luogo a vini che esprimono profumi che ricordano facilmente gli acini d’uva appena raccolti. Vini prodotti da queste uve sono per gli esperti facilmente riconoscibili.

I vitigni semi aromatici, quali riesling, sauvignon blanc, chardonnay, cabernet sauvignon e altri, hanno a volte una spiccata personalità olfattiva quanto quella delle uve aromatiche. Anche queste uve danno spesso vini da tratti inconfondibili.

Poi ci sono le uve neutre. Queste uve non hanno molte sostane odorifere nella buccia e spesso infatti danno vini con profumi primari meno spiccati e presenti.

È logico quindi pensare che un vino ottenuto da uve aromatiche è più facilmente riconoscibile rispetto ad un vino prodotto da uve neutre. Diventa solo una questione di allenamento dell’olfatto.

I profumi secondari del vino

Alcune sostanze, come abbiamo visto, sono già presenti nell’uva. Altre invece si formano durante i processi fermentativi, ovvero tutti quei processi che vanno dalla pigiatura alla fermentazione alcolica. Questi sono i profumi secondari.

Questi profumi ricordano sentori fragranti di fiori, di frutta e di vegetali.

Il profumo di un vino giovane è quasi sempre una combinazione di profumi primari e secondari. Se il vitigno impiegato ha una forte personalità olfattiva, come nel caso dei vitigni aromatici, possono prevalere i profumi primari (quindi originari dell’uva), mentre se predominano i secondari il profumo è meno riconducibile all’uva di origine.

I profumi terziari del vino

I profumi terziari si formano con il lento trascorrere del tempo, durante la maturazione e l’affinamento del vino.

Il vino, terminate le fasi di fermentazione, viene lasciato riposare. Può essere lasciato a riposare in contenitori di acciaio oppure in botti di legno. Se l’acciaio non incide direttamente sulle trasformazioni del vino, la permanenza del vino in botti di legno gioca invece un ruolo determinante nella formazione dei profumi terziari.

Il tempo di permanenza nel legno, il tipo di legno utilizzato, la grandezza della botte e la sua provenienza, sono tra i fattori più importanti nel determinare questi profumi.

Durante il riposo del vino nelle botti grandi o nelle barrique, i profumi primari e secondari tendono a diminuire e a essere sovrastati da quelli terziari, più evoluti.

Ecco che arrivano così i sentori di confetture e frutta secca, di fiori appassiti, sentori speziati e tostati, a volte anche animali ed eterei, che si fondono con quelli già presenti e in continua evoluzione e creando così bouquet particolarmente ampi e interessanti.

Ma a volte i profumi primari non scompaiono del tutto. Infatti capita di risalire al vitigno anche in vini invecchiati, grazie alla forte impronta del vitigno.

Il profumo del vino è sicuramente un’ambito che affascina, ma a volte molti sommelier o appassionati che descrivono un vino vengono quasi derisi per i sentori che riescono a ritrovare in un calice di vino.
Finché si definisce un vino fruttato o floreale la degustazione va avanti facilmente. Ma quando arrivano i primi profumi “strani” ecco che qualcuno comincia a storcere il naso.
Sentori di catrame, di pietra focaia (ovvero qualcosa di simile all’odore di quando accendiamo un fiammifero), sentori corporei o animali spesso portano i più che ascoltano a dubitare delle parole di chi sta descrivendo il vino, se non sono addirittura portati a pensare di essere vittima di una qualche supercazzola.
Riuscire a percepire i profumi del vino è un esercizio che richiede pazienza e tanto tanto tanto allenamento dell’olfatto. Per questo chi vuole avvicinarsi al mondo del vino e vuole scoprirne tutti gli aspetti deve bere, odorare e osservare tanti vini, e tutti diversi tra di loro.
Solo con l’esercizio e con il tempo si potranno acquisire le capacità per distinguere profumi e sentori che magari all’inizio del percorso potevano apparire strani e che invece dopo si è in gradi di percepire e apprezzare.
In merito a quanto detto mi permetto, e permettendomi lo faccio in punta di piedi, di citare Luigi Veronelli, che a proposito dello Champagne 1976 Krug scrisse: “bouquet maschio, diretto ed elegante; netto e malizioso, e conturbante, sentore di sperma”. Da quella valutazione si apri un dibattito scatenato. Ma l’aveva fatta Veronelli, e a lui era concesso tutto!

Per chiudere questa breve carrellata di profumi, per poi continuare con le tecniche di degustazione, vi posso dire che il profumo del vino non è mai attribuitile solo ad aromi primari, secondari o terziari, ma è quasi sempre il risultato di una loro combinazione, che dovrà risultare piacevole e armoniosa.

Ho detto “breve carrellata di profumi” perché in realtà tutti i profumi che possiamo sentire nel vino sono davvero tanti, e a questi profumi dedicherò a breve un post a parte.

Con quali tecniche possiamo riconoscere i profumi di un buon vino?

Passiamo adesso alle regole sulla tecnica di degustazione del vino.

Vediamo spesso esperti, e non, far roteare vorticosamente i calici. Ma per quale motivo? Semplice, perché facendo roteare il vino nel calice le famose sostanze volativi di cui vi parlavo prima riescono a liberarsi e quindi a farsi sentiere.

Fate una prova. Versate del vino nel calice e, senza farlo roteare, odorate. Subito dopo cominciate con piccole e brevi roteazioni e poi odorate, a questo punto dovrebbero emergere alcuni profumi in più.

Intensità olfattiva

Quando odoriamo un vino, ancor prima della quantità di odori dobbiamo capire quanto il profumo del vino sia intenso o meno. Ma cosa significa? Facciamo un esempio: immaginate il profumo di una rosa. Sarà un profumo elegante e raffinato, ma  anche piuttosto delicato. Ma se al posto di odorare una rosa ne odorassimo 30, il profumo sarà uguale, ma sicuramente sarà più intenso.

Lo stesso esempio si può fare anche con dei mazzi di fiori misti, che singolarmente hanno profumi diversi. Qui non ci interessa valutare la diversità dei profumi, bensì il loro impatto complessivo sul nostro naso.

Per fare un esempio sul vino possiamo prendere a riferimento i vini da uve Moscato, famiglia di vitigni aromatici, i quali hanno una spiccata intensità olfattiva, ma che spesso si presentano con poche note di frutta ed erbe aromatiche.

In definitiva possiamo dire che più il profumo sarà di impatto sulla mucosa olfattiva, più il vino sarà intenso.

Complessità olfattiva

Se l’intensità è la quantità di profumo che sprigiona il vino, la complessità equivale alla varietà delle sfumature odorose che formano il profumo del vino.

Questa valutazione richiede più tempo della prima e richiede anche molta più attenzione da parte del degustatore, questo perché bisogna dare il tempo alle sostanze responsabili dei singoli profumi di liberarsi e di farsi riconoscere.

Non è sufficiente avvicinare un paio di volte il bicchiere al naso per individuare i diversi sentori. Le diverse sfumature che danno vita ad un vino complesso si liberano nel calice un po’ alla volta, una dopo l’altra, e per riuscire ad individuarle sono necessarie ripetute inspirazioni.

Qui non saremo più di fronte ad un singolo mazzo di rose, ma ad un cesto di rose poggiate accanto a delle confetture di frutta, a delle spezie, ad essenze legnose e tostate o altro ancora.

Nel caso del mazzo di rose la spiccata intensità era legata ad una sola tipologia di profumo, ma la complessità era poca, quasi inesistente. Nel cesto misto, invece, l’intensità è data da una varietà di profumi diversi tra loro e la complessità è certamente più ampia.

Qualità olfattiva

Intensità e complessità olfattiva, piacevolezza ed eleganza, franchezza e tipicità del profumo del vino: tutto concorre nel creare la qualità olfattiva, che rappresenta la sintesi del giudizio su tutto ciò che il vino ha saputo esprimere nel bicchiere.

Intensità e complessità le abbiamo definite. La franchezza del profumo del vino potremmo definirla come la chiara definizione di una sfumatura odorosa rispetto alle altre. La tipicità è quella caratteristica che si riscontra in quei vini in cui è chiara l’impronta olfattiva del vitigno impiegato e di tutto ciò che è legato al territorio di origine. Esistono vini in cui prevale la tipicità del vitigno, altri in cui prevale quella del territorio.

Piacevolezza ed eleganza? Qui spesso entra in gioco la soggettività del degustatore. Ma attenzione, soggettività da intendersi come esperienza e bagaglio di ricordi di vini degustati nel tempo, e non a passioni ed affettività personali sui propri vini preferiti.

All’inizio non è facile, ma il tempo e l’esercizio aiutano a riconoscere tutte queste caratteristiche.

L’olfatto è un senso molto fine e sensibili, che ci permette di percepire tutte le sfumature, anche le più sottili e nascoste, che nel profumo dei vini si mescolano e si intrecciano in originali combinazioni. Ma è un senso che dobbiamo allenare degustando vini sempre diversi tra di loro, cercando allo stesso tempo di memorizzare i profumi, i sentori e le sfumature che esprime, così da poterli ricordare e riconoscere nelle degustazioni successive.

In definitiva possiamo dire che un vino può essere poco intenso o molto intenso, poco complesso o molto complesso se non ampio, può essere poco fine ma anche di eccellente finezza, e può odorare di frutta e di fiori, di erbe e di spezie, può essere aromatico, vinoso, fragrante e minerale, tostato ed etereo.

Per ognuna di queste famiglie è necessario un approfondimento, per questo come già detto prima preparerò a breve un post per conoscere in dettaglio tutti i profumi del vino.

Per concludere

  • Il riconoscimento e la descrizione dei profumi del vino è la fase della degustazione più complessa, ma anche quella più affascinante;
  • Le note odorose del vino sono oltre 200 e vengono definite “sostanze volatili”. Queste sostanze ricordano profumi di fiori, frutta, erbe aromatiche, spezie e altro;
  • Nel vino si distinguono tre principali famiglie di profumi:
    • Primari, che corrispondono ai profumi caratteristici delle uve (le uve possono essere aromatiche, semi aromatiche e neutre);
    • Secondari, sono quei profumi che si formano durante il processo fermentativo;
    • Terziari, ovvero quei profumi che si sviluppano nel vino nelle fasi di affinamento in botti o in bottiglia e che si sviluppano ulteriormente durante l’evoluzione;
  • Per una corretta valutazione olfattiva del vino è bene annusare da prima il vino a calice fermo per poi continuare facendo roteare il vino nel calice, e quindi inspirare;
  • Oltre ai profumi valuteremo anche:
    • Intensità, data dalla quantità di profumo che percepiamo già dalla prima inspirazione;
    • Complessità, ovvero la varietà dei profumi che riusciamo a distinguere nel calice;
    • Qualità, che rappresenta l’insieme delle varie caratteristiche di intensità, complessità, piacevolezza ed eleganza, associate anche alle caratteristiche di tipicità del vino e del terroir.

I termini della valutazione olfattiva nella scheda AIS

Come sapete faccio parte di AIS (Associazione Italian Sommelier) e per ovvi motivi mi rifaccio a quelle che sono le tecniche e le terminologie di questa associazione. I termini a volte non sembrano esaustivi e sicuramente sono perfettibili, ma certamente aiutano nella valutazione. Ovviamente non sono da prendere alla lettera, a meno che non dovete presentarvi all’esame AIS per diventare sommelier, e ognuno è libero di individuare sinonimi e similitudini che meglio descrivono il vino che si sta degustando.
Intensità: carente, poco intenso, abbastanza intenso, intenso, molto intenso;
Complessità: carente, poco complesso, abbastanza complesso, complesso, ampio;
Qualità: comune, poco fine, abbastanza fine, fine, eccellente;
Descrizione: aromatico, vinoso, floreale, fruttato, erbaceo, fragrante, minerale, speziato, tostato, etereo.

Leggi anche il post su Colore e Aspetto del Vino

Immagine: Ignazio Perez, Intravino, Freepik
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Come riconoscere al meglio un buon calice di vino. Aspetto e colore.

Una bella cena in compagnia di amici è sempre l’occasione buona per mangiare ottime pietanze e assaggiare buoni vini e trascorrere così delle belle serate all’insegna dell’allegria e della convivialità.
Si mangia, si beve e si parla. E di cosa si parla? Di cibo, ovviamente. E anche di vino.

Eh si, è proprio così. Parliamo di cibo soprattutto quando siamo davanti alle nostre pietanze, parliamo di vino ogni volta che facciamo roteare vorticosamente il nettare di bacco nei nostri calici.

Ora, se sul cibo tutti noi abbiamo la nostra dire, soprattutto nel caso in cui si parla di ricette della tradizione, non fosse altro per non far torto alle nostre nonne, cosa diversa e quando si parla di vino.

Non tutti siamo appassionati o tecnici del vino, eppure malgrado ciò qualcosa da qualche parte l’abbiamo sentita dire. Ecco quindi sentire i discorsi sul colore, sugli archetti, sul gusto, meno sui profumi (effettivamente sono quelli più difficili da decifrare).

Ma come è possibile riconoscere al meglio un buon calice di vino?

Storia, passione, emozioni, sensazioni, profumi, territorio: il vino è tutto questo e altro ancora. Ma per cogliere a pieno tutte queste sfaccettature in un calice di vino non basta amarlo o esserne un appassionato, anche se ciò è indispensabile.

Se le conoscenze tecniche di viticoltura e di enologia sono senza dubbio un’ottima base che ogni appassionato farebbe bene a conoscere, è anche indispensabile avere praticità con quelle che sono le tecniche di degustazione di un vino.

Imparare a degustare significa assaggiare il vino con attenzione, saperne cogliere le sensazioni e quindi darne una valutazione quanto più oggettiva possibile.

Ho pensato allora di scrivere alcuni post “pratici”, dove cercherò di darvi alcuni consigli e suggerimenti su alcune tecniche per una quanto più corretta degustazione del vino.

A volta capiterà di trovare qualche termine tecnico, per questo ho pensato anche di creare un glossario dei termini del vino che di volta in volta verrà aggiornato.

Cominciamo dall’aspetto più ovvio, ovvero “come si presenta il vino ai nostri occhi?”. Vediamo un po’ come riconoscere qualità e difetti di un vino già alla sola vista.

Aspetto e Colore.

La prima fase della degustazione è quella visiva. L’aspetto e il colore di un vino sono in grado di fornirci alcuni indizi sulla tipologia del vino, la sua composizione e la sua evoluzione.
Basta uno sguardo, ma bisogna darlo con attenzione, già nel momento in cui il vino viene versato nel calice.

Le prime domande che dobbiamo porci davanti ad un calice di vino sono: è limpido? Ci sono delle particelle in sospensione? La limpidezza di un vino, dovuta appunto all’assenza di particelle in sospensione, è sintomo di buon stato di salute del vino. Questa valutazione può essere ostacolata dalla scarsa trasparenza di un vino, soprattutto nei vini rossi. In questi casi dovremmo cercare di orientare il calice in maniera tale da osservarlo da diverse luminosità.

La presenza di particelle in sospensione nel vino è dovuta a tecniche di cantina sbagliate e filtrazioni non corrette, o quanto meno discutibili, e nella maggior parte dei casi rendono l’assaggio del vino poco emozionate.

Ci sono però delle eccezioni. Molti vini, tra l’altro anche noti e importati, dopo un lungo affinamento in bottiglia presentano sul fondo un residuo solido. Al momento del servizio qualche particella può finire nel calice, ma non per questo la valutazione della qualità del vino deve risultare compromessa.

Altro caso è quello in cui i vini vengono imbottigliati con i propri lieviti, per concludere la fermentazione in bottiglia. Non sto parlando degli spumanti, nei quali con la sboccatura questi lieviti fuoriescono. Bensì di vini ancestrali, o di alcuni vini non filtrati. Ma può succedere anche in alcuni vini biologici o biodinamici. In questi casi la presenza di particelle in sospensione può essere accettabile.

Ricordandoci sempre che ogni vino va valutato in base alla tipologia alla quale appartiene possiamo dire che: un vino velato, opalescente e torbido non è mai accettato, un vino abbastanza limpido può essere normale, un vino limpido non presenta mai particelle in sospensione.

Oltre alla limpidezza, in un calice di vino osserveremo il colore. Dato dai polifenoli presenti nelle uve, il colore è un elemento importante nella valutazione visiva di un vino. Esso ci da informazioni circa il carattere e la tipologia di vino che abbiamo di fronte e ci permette di verificare la corrispondenza del vino con la sua tipologia.

Per fare un esempio, un vino rosso giovane potrebbe presentarsi di un bel rosso rubino con riflessi porpora, mentre un vino invecchiato di 10 anni potrebbe presentarsi di un rosso granato con riflessi aranciati. In questi caso l’intensità (ovvero il colore che il vino presenta nella parte centrale) è un chiaro riferimento alla tipologia del vino, mentre la tonalità (le sfumature) testimoniano la sua evoluzione.

Per osservare bene il colore di un vino è bene inclinare leggermente il calice e, se possibile, avere sotto un fondo bianco o chiaro.

Sul colore tornerò più avanti perché in realtà le sfumature che possiamo osservare nel vino sono diverse, e a questi colori dedicherò a breve un post a parte.

Se colori e sfumature ci danno le prime informazioni sulla tipologia di vino, la vivacità del colore ci dice quanto di buono è stato fatto in vigna e in cantina. Un giallo dorato, solare e lucente, può avere la stessa valenza qualitativa di un giallo paglierino con riflessi verdolini. Il primo sarà un bianco importante, il secondo un bianco giovane e fresco, ma in entrambi i casi ciò che conta è la vivacità del colore. Se il colore di un vino è spento quasi sicuramente saremo di fronte ad un vino vecchio e che non sarà in grado di regalarci grandi emozioni.

Altre caratteristiche importanti nella valutazione del colore del vino sono l’intensità e la tonalità. Mentre l’intensità dipende dalla quantità di pigmenti presenti nel vino e ci danno informazioni circa l’ambiente pedoclimatico, il vitigno e la vinificazione, la tonalità dipende dal tipo di pigmenti presenti nel vino e questo ci permette di riconoscere quasi sicuramente lo stato evolutivo del vino.

Limpidezza e colore ci hanno già dato importanti informazioni sul vino che stiamo degustando. Ma un’altra caratteristica da valutare, nei vini fermi e leggermente frizzanti, è la consistenza.
La consistenza ci permette di capire quanto alcol etilico è presente nel vino e quindi poter verificare la giusta corrispondenza della tipologia del vino in degustazione.

Avrete sicuramente sentito parlare dei famosi “archetti”. Se provate a far roteare il vino nel calice noterete che, scendendo, il vino formerà delle lacrime. Ecco, lo spazio tra una lacrima e l’altra è il famoso archetto. Si è notato che più questi archetti sono fitti tra di loro, più il vino è ricco di etanolo. Ma attenzione, questa non è una regola assoluta.

In generale, più un vino e ricco di alcol, ma anche di polialcoli, tannini e sali, più il vino è consistente.

Ovviamente dobbiamo ricordarci sempre che la valutazione del vino va fatta in basa alla sua tipologia.

Ci sono vini bianchi giovani, freschi, che per loro caratteristica non devono avere grande presenza di alcol e di sostanze estrattive. Questi vini non avranno una grande consistenza ma non per questo saranno dei vini cattivi.

Mentre nella maggior parte dei vini da dessert, quali Passiti, Muffati, Sauternes o Tokaji Ungheresi, la consistenza deve essere molto più evidente e marcata. In questo caso se il vino è poco consistente vuol dire che c’è qualcosa che non va.

In definitiva i vini troppo fluidi non sono mai accettati, mentre vini troppo consistenti o viscosi possono essere un problema a meno che non siamo di fronte a vini muffati.

E se stiamo degustando un vino spumante o uno Champagne? Qui non valuteremo la consistenza, bensì l’effervescenza, dovuta alla presenza di spuma e bollicine.

Immaginate di aver uno spumante nel calice. Vedete le bollicine che salgono? Questo è noto come perlage del vino. La qualità di un vino spumante si percepisce dalla qualità del perlage. Bollicine fini, numerose e persistenti stanno ad indicare una ottima qualità del vino in oggetto. Al contrario, bollicine grossolane, scarse ed evanescenti sono sinonimo di spumante di bassa qualità.

Per concludere

  • Un buon vino al calice si presenta limpido e dall’aspetto vivace, a meno che non siamo in presenza di un vino ancestrale o non filtrato, a volte anche biologico o biodinamico (ma ciò non vuol dire che la non limpidezza e la non vivacità sia obbligatoriamente sinonimo di qualità).
  • Il colore del vino ci indica il suo carattere, la sua tipologia (intensità) ma anche lo stato evolutivo (tonalità).
  • La consistenza, data dalla presenza di alcol e altre sostanze (polialcoli, tannini, sali), ci permette di verificare la giusta corrispondenza della tipologia del vino in degustazione.
  • Negli champagne e nei vini spumanti si valuta l’effervescenza e non la consistenza. Nella maggior parte dei casi più le bollicine che salgono (perlage) sono fini e persistenti più il vino sarà di migliore qualità.

Bene, credo di poter concludere qui questo primo post “pratico” sul mondo del vino. Continua a scoprire il mondo del vino e della degustazione leggendo anche il post dedicato ai profumi del vino: vi assicuro che leggerlo sarà inebriante!

I termini della valutazione visiva nella scheda AIS

Come sapete faccio parte di AIS (Associazione Italiana Sommelier) e per ovvi motivi mi rifaccio a quelle che sono le tecniche e le terminologie di questa associazione. I termini a volte non sembrano esaustivi e sicuramente sono perfettibili, ma certamente aiutano nella valutazione. Ovviamente non sono da prendere alla lettera, a meno che non dovete presentarvi all’esame AIS per diventare sommelier, e ognuno è libero di individuare sinonimi e similitudini che meglio descrivono il vino che si sta degustando.

  • Limpidezza: velato, abbastanza limpido, limpido, cristallino, brillante;
  • Consistenza: fluido, poco consistente, abbastanza consistente, consistente, viscoso;
  • Effervescenza:
    • Grana Bollicine: grossolane, abbastanza fini, fini;
    • Numero Bollicine: scarse, abbastanza numerose, numerose;
    • Persistenza Bollicine: evanescenti, abbastanza persistenti, persistenti.
  • Colore:
    • Giallo: verdolino, paglierino, dorato, ambrato
    • Rosa: tenue, cerasuolo, chiaretto
    • Rosso: porpora, rubino, granato, aranciato

Leggi anche il Post sui Profumi del Vino.

Immagine: Ignazio Perez, Freepik